25 December 2009

Sante Nicola

Dove sono i miei tre fantasmi?
In questa notte blu, in questo silenzio sconvolgente, dove sono gli angeli della mia salvazione? Dove i violini? Dov’è l’orchestra che deve accompagnarmi in questo viaggio?
Come una via di Milano, scura, lucida, umida. Senza anima.
Come un valzer, intrecciato su se stesso.
Che io vada avanti o indietro, non cambia il risultato. Tutto marcisce, tutto si riduce ad un inutile esercizio di stile.
Non ce la farò mai. Non porterò a compimento il mio destino.

E intanto urlo.
Ma nessuno sente.

Intanto grido e la gola mi si strappa. Il sangue bagna i denti, la lingua si ammorba.
L’urlo diventa un fragore di tuono. I miei gemiti diventano fantasmi, amari. Come il passato.

Grido e compongo note violente e stridenti. Rimango fermo, distruggo tutto con ogni singolo mio movimento. Mi muovo, uccido. Penso, uccido. Amo, uccido.

Metto un piede in fallo. La marcia in folle. Una foto in bianco e nero: io, il vuoto del cielo, e una musica che sulla pellicola non so come fissare.
Che fa cadere l’inverno su di me.

La notte di Milano. Blu, tumida, soffocante.
La notte di Cesena. Un fienile, un rumore di qualcosa lontano.

Tutto finisce ma il circo continua il suo terribile viaggio.
Guardo le mie mani e le vedo sporche del dolore che hanno sparso sulla terra. Mi sento colpevole, mi sento sporco. Mi sento bisognoso degli altri. Mi sento di odiarvi tutti.
Non ci sarà un domani migliore. Non ci sarà neppure un domani.

La musica.

La musica che accompagna. Con l’orchestra. Con il sudore ed i calli sulle mani. La musica che mi fa rinascere. La musica come strumento di vita. La musica come appiglio, come evasione. Come speranza.
I violini hanno una sola nota. I colori sono solo tre. I giorni sono infiniti, i respiri no.
Io impiego il mio tempo nel timore del disorientamento. Mi guardo attorno in un limbo bianco.
Negli ultimi mesi sono riuscito a perdere anche la capacità di raccontare. Ora tutto è spezzato, frammentato. Ora tutto è tagliente. Ora mi vedo ma non mi amo. Mi sento ma non mi voglio.

Voglio ricominciare.
Da me, dalla musica. Dal bisogno di vedere qualcosa. Perché ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile. Perché ci credo, mentre appoggio la mia testa nella ghigliottina. Mentre la inserisco nel forno, mentre la cingo con un cappio. Mentre la accosto alla canna di una pistola. Mentre la adagio sul tuo seno di donna. Donna che io non conoscerò mai davvero.

Tutto questo è per te.

Per tutto ciò che non saprò mai dirti. Per tutto quello che vorrei ma non vorrò. Per tutto quello che sarà pensato ma non verrà ascoltato.
Non mi bastano le parole, non mi bastano gli occhi. Non centrano le lacrime, non bastano le note.
Ci sono cose che non possono esser pensate. Figuriamoci dette.
Ci sono capelli che non posso sfiorare. Ci sono attimi che non posso vedere.
C’è il tuo animo. C’è il modo in cui sai parlarmi. C’è il bisogno di esserci.

Incredibile.

Unico.

Violento.

Assurdo.

Infinito.

Questo
è per tutte le orecchie che non mi ascolteranno.
Questo. È per tutti voi. Che pensate che c’è un motivo per leggermi.
Questo. È per l’essere più speciale dell’universo. Per l’anima più bianca.
Per il fondale più nero.
Per la luce più forte.

Questo. Mi cambia. Ogni giorno.

Domani arriverà solamente dopo oggi.
Manca un lunghissimo giorno. Mancano anni interi.
Ci vuole forza. Ci vuole un coraggio che non possiedo.

Tu, stupido pagliaccio, ridi.

Tu, animo di sabbia, ridi.

Io spengo le luci.
Io chiudo il sipario.
Io ci do un taglio.
Non voglio più sapere nulla di me, dei miei errori, dei miei bisogni. Sono stanco di camminare nel baratro di un sogno. Sono stanco di sentir le canzoni finire.

Ci do un taglio.
Col mondo, con me. Soprattutto con me.
Senza fratelli, senza anima, senza oggetti. Senza sorrisi, senza legami. Senza speranze.

Attendo tre fantasmi, eppure la notte rimane blu.

Attendo una visita. Ho lasciato dei biscotti di fianco al camino.

Attendo.

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