27 March 2008

Soliloquio

“Eccoci” disse lei “eccoci alle porte del nostro cammino, al principio del nostro slancio. Eccoci nel nostro occidente avanzato e splendente. Ci siamo noi, c’è il mondo e c’è la storia da scrivere.
Noi. I ragazzi dalle mille capacità e dalle mille possibilità; gli intelligenti, i geniali, i promettenti. I ragazzi che si imbottiscono di coca e che si ammazzano ai duecento all’ora ogni giorno. Eccoci qui pronti a spiccare il volo e fare della nostra arroganza un pregio.
Siamo noi, i diciottenni che ogni sabato sera bevono bicchieri e bicchieri di superalcolici per poter raccontarlo poi il lunedì mattina agli amici a scuola. Eccoci ubriachi fradici a ballare in un locale squallido insieme a persone che in realtà nemmeno ci piacciono, persone che però ci trasciniamo dietro come scudi contro le nostre paure.
Siamo i diciottenni che nonostante non siano capaci di provare alcun sentimento continuano a dimenarsi in questo scopare a destra e manca; infilando i loro cazzi in qualunque cosa si muova e respiri, concedendo le loro intimità a qualunque adolescente con la maglietta adatta.
Eccoci tronfi di ciò che siamo senza nemmeno renderci conto che siamo la generazione più fasulla di tutte: la generazione di mille amici su Myspace, dei film scaricati in un pomeriggio. Mentre invece vorremmo essere la generazione del ’68, di Woodstock, dei Gun’s and Roses, dei Pink Floyd e dei Nirvana, la generazione delle prime canne e delle prime sniffate. Inutili parassiti, di internet, di una società che senza sforzarsi ci annichilisce con i suoi tanto stupidi quanto efficaci placebo. Guarda Amici questa sera in tv. Ascolta l’ultima canzone del tuo coetaneo miliardario che tanto ti fa commuovere. Non stare a pensare a quanto sia finto Amici o al fatto che tra pochi anni quel tuo idolo sarà un miliardario dimenticato da tutti, che si devasterà di droghe e puttane per riempire il vuoto lasciato da quel successo inconsistente.
Dove vorremmo andare con questo bagaglio di patetici lustrini? Vogliamo diventare stimati professori, affermati avvocati, manager di successo, poliglotti che sanno relazionarsi con l’universo intero.
Ma fottiamoci.
Non andiamo da nessuna parte perché non siamo ancora capaci di accendere i motori, non ci muoviamo perché abbiamo infilati i piedi in questa merda e ci siamo affondati fino alle spalle, ma intanto continuiamo a sorridere.
Noi e i nostri amici che in realtà detestiamo, o peggio, reputiamo tutto sommato inutili. Ognuno di noi si sente centro di un’elite di cui solo pochi possono fare parte, e per poco tempo, poi vorremo un ricambio perché la moda sarà cambiata. Noi e le inutili discussioni filosofiche da parte di persone che non riescono nemmeno a rendersi conto della vanità di tutto questo.
Siamo fumo e ci crediamo oro.
Io non ci sto più. Io non ci sto. Mi rifiuto di dare il mio contributo a questo quadro così puzzolente. Voglio cercare di distaccarmi da tutto questo, rigetto le mani tese e i sorrisi.
Non ci sto.”

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