06 July 2007

Dedicato a me stesso

Questa è la storia di una canzone. Del percorso vissuto per scriverla. Di come io, nemmeno maggiorenne e senza nemmeno tutti i peli in faccia, abbia camminato a passi svelti fino a comporre quei sette minuti di musica.
È iniziato mentre da solo, nella mia stanza, ascoltavo con il mio ipod le mie canzoni preferite e, forse per malinconia, forse per qualcosa che c'era ma non mi si mostrava, decisi che avrei scritto la storia più dolce che fosse mai stata messa su carta. Così ho iniziato a pensare, e mentre pensavo scrivevo, e nel frattempo scavalcavo con la mente i miei stessi pensieri, ritrovandomi sempre un passo più in là di me stesso. Ogni tanto l’ispirazione scivolava via dalle mie mani e allora staccavo, prendevo il telefono o la moto e mi prendevo un pausa. Ma ecco che improvvisamente, durante una chiacchierata con un amico, durante una bevuta al bar, stimolata dalla musica o dal calore di questa vita, ritornava, sempre più forte, sempre più decisa. Abbandonavo tutto e mi precipitavo a scrivere parole e a riempire pentagrammi. La mia canzone prendeva forma, e tra le sue note di sviluppava la storia, la mia storia, la storia di tutti noi.
Passavano le settimane ma non potevo concludere la mia storia, non riuscivo a trovare un soffio giusto per far scivolare nel silenzio le mie parole. Come le piume dei cuscini non puoi tenerle tutte in mano perché inesorabilmente se ne scappano, così le mie note finivano per scavalcarsi a vicenda e disarmonizzare il mio piccolo jenga di piume.
Poi abbandonai l’idea di dare una conclusione al mio testamento artistico e decisi che sarebbe stata la musica a fermarsi da sé, che le parole stesse avrebbero costruito il loro recinto.
Così i miei sette minuti diventavano a volte tre, a volte dieci, a volte si perdevano nell’infinito ma alla fine decisero di chiudersi in una nota, allo scoccare del settimo minuto.

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