15 May 2007

Erika

La sera di Natale, dopo aver scaricato mio figlio a sua madre, tornai a casa e mi misi seduto sulla mia poltrona di pelle scura davanti al mio splendido televisore al plasma. Guardai tutti i programmi natalizi che trovai, ridendo di essi e della loro stupida allegria preconfezionata. Alle tre di mattina del 25 dicembre spensi la tv e andai al frigo a stapparmi una birra. Chiusi lo sportello e camminai lentamente sorseggiando il mio dolce nettare.
Camminai attraverso le stanze, guardando i muri spogli e le finestre che si affacciavano su un mondo che era davvero diversissimo da me. Dalla cima del mio palazzo potevo vedere ancora le persone piccole come puntini che si aggiravano piene di un’incontenibile allegria.
Io odiavo tutto questo.
Con la birra in mano salii in piedi sul cornicione e guardai in basso. La strada sembrava vorticare dalla paura che faceva, lontana e assassina. Lasciai cadere la birra e la vidi schiantarsi molti piani più in basso. Quel mondo laggiù, quel mondo assassino, era decisamente troppo grande per me.
Ritornai in casa, aprii lo sportellino e chiamai Erika.
«Ciao.. sì.. sì sono da solo.. se non sei impegnata vieni qui.. sì.. sì in contanti come sempre.. non ti preoccupare.. sì portali tu.. come ti pare basta che se pago poi fai quello che ti dico.. certo.. sì.. ciao..».
Infilai una mano nel cassetto di fianco al letto e ne estrassi due preservativi, in caso si dimenticasse di portarli lei, poi da sotto il materasso tirai fuori i contanti che tenevo nascosti per le grandi occasioni.
Presi un’altra birra e mi sedetti sulla mia poltrona di pelle scura. Il mondo fuori era decisamente troppo grande per me.
Ristetti un attimo poi sospirai. Non potevo fare altro anche se forse avrei voluto piangere.

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